Dopo settimane di lavoro, i due colossi di pietra decorata si stagliavano ai lati del passo che conduceva alla Tetra Roccaforte, impressionante memento del fato che avrebbe incontrato chi fosse entrato nel regno della Legione Silente senza invito. Le due figure, alte 300 piedi, raffiguravano Ashur e Megera, immortalati nella pietra per sempre. Avrebbero fatto parte della Nuova Numea, ad imperitura memoria. Malphas era stanco, secoli in cella avevano lasciato il loro peso, ma lentamente le sue forze stavano tornando. Mentre riposava all'ombra di un albero, mentre le Ombre, instancabili continuavano il loro lavoro senza emettere un suono. Grazie alle decine di Incubi donate dall'Arcimago asceso, i lavori di ricostruzione della Roccaforte e del Passo procedevano spediti. Malphas dirigeva i lavori fin dal ritorno dalla Culla, coordinandosi con gli altri Maggiori, ma con una differenza, lui conosceva la Tetra da molto più tempo, più di quanto volesse ammettere. Con un sospiro stanco, stava per rimettersi al lavoro, quando giunse una ragazza dai capelli rossi, a cavallo di una creatura nera come la notte, che portava con sé un fagotto, arrotolato sulla schiena. Con un agile salto scese da cavallo, salutando con foga il Maggiore.
"Justicar! L'abbiamo trovata! Abbiamo trovato la cripta!! Era esattamente dove pensavamo che fosse...beh... più o meno. Però...ehm... c'è un piccolissimo problema."
Una luce si accese negli occhi della vecchia Furia, mentre piegava uno degli angoli della bocca.
"Parla, Rouge."
"Beh, non appena abbiamo cominciato ad avanzare nella cripta, degli incubi coperti di armature di ferro nero ci hanno bloccato la strada, chiedendo la presenza del Corvo Nero.
L'armatura nera...erano secoli che non la vedeva più. Era uno dei tratti distintivi del Sacerdote.
Ricordi vecchi ritornarono alla luce, rattristando il Maggiore. Voci di lotta, voci di odio affollarono la sua mente, mentre ricordava la Lunga Notte, quando la Legione Silente, corrotta dal tre volte maledetto Arcimago, attaccò Megera e le Furie che le erano leali. Fu quella, la notte in cui morì la prima volta.
La ragazza dai capelli rossi, intuendo i pensieri del vecchio, si avvicinò.
"Justicar, so a cosa pensi. Ma abbiamo una missione. Una missione importante. Se cediamo, rischiamo che vinca lui, stavolta."
Scrollando la testa, il vecchio salì sul cavallo insieme alla ragazza, dirigendosi verso la Tetra Roccaforte. Arrivato, vide nella piazza d'armi il Campione che addestrava gli armati della Legione, in attesa di ripartire per le lande oltre confine. C'erano Incubi che trasportavano materiale e riparavano le ferite della vecchia fortezza, quasi come fossero un'estensione della stessa struttura...e in un certo senso, lo erano. Scese verso le vecchie celle che erano crollate, spostandosi verso una zona che era stata puntellata e proseguiva verso il basso.
Scesero nel buio, usando una torcia per illuminare il cammino, fino a giungere ad una grande sala decorata con candelabri, arazzi che mostravano scene di guerra e panoplie di guerra. Là, in posizione di difesa, c'erano tre Furie che attendevano l'arrivo del loro Maggiore.
"Spadafuoco, rapporto."
Il più muscoli dei tre, muovendosi senza perdere di vista gli Incubi a guardia, si avvicinò al vecchio Onirico, facendo un gesto con la testa.
"Oh, Justicar. Ben arrivato. Beh, non c'è molto da dire. Queste cose se ne stanno qui, con le spade in mano, ferme. Chiedono del Corvo Nero, ma non sembrano in procinto di attaccare. Bof...non so chi sia questo Corvo. Magari tu si."
Con un sospiro, il Maggiore si avvicinò alla creature di terrore al centro della linea di difesa, che impugnava una mazza cerimoniale e al posto del viso, aveva invece un teschio sbiancato, silenzioso come stessa Morte.
"Io, Malphas, Maggiore del Malleus, Justicar di Megera e Maestro Inquisitore, Diciannovesimo nel Nome della Signora dei Corvi, richiedo la tua benedizione. Corvus Corax, Sacerdote del Culto del Corvo dell'Incubo, Diciasettesimo nel nome della Signora dei Corvi, Maestro dei Riti e della Morte, ti prego, concedimi la forza di raccogliere il tuo fardello e ripristinare il Culto. Io sono Legione."
La creatura tentennò, mentre antichi ricordi riaffioravano in lui. Malphas si inchinò, allungando le braccia e aprendo le mani. Lo spirito si avvicinò, deponendo nelle sue mani lo scettro di tenebra. All'istante, l'antica arma avvampò di luce, perdendo l'ombra che la rivestiva e rivelando la sua vera forma, una forma che Malphas aveva visto secoli prima, durante quella notte. Le ombre cominciarono lentamente a svanire, come fumo nel vento, tra lo sguardo serio dei legionari. L'ultimo ad andarsene fu il Sacerdote, senza una parola, senza un gesto, ma con lo sguardo pieno di speranza. In quell'ora buia, gli antichi patti dovevano essere ripristinati, le antiche usanze dovevano essere riportate alla luce, i riti dovevano tornare ad essere celebrati, poiché il futuro era tetro e in bilico sull'oblio.
Il Maggiore si alzò in piedi, stringendo l'arma nelle mani, con una nuova luce negli occhi. Girandosi, si avviò all'uscita della cripta, seguito da Rouge e Spadafuoco.
"Fratelli, portate le reliquie nella mia torre, ripulite e sistemate tutto. Scendete nelle armerie, c'è una sezione nascosta appena dietro la forgia, basta premere il secondo mattone da sinistra, a partire dalla forgia stessa. Non prendete nulla da quella stanza, solo l'alabarda adornata con piume di corvo. Portatela nella torre, insieme a panche e sedie, per chi vorrà venire a rendere omaggio. Dobbiamo riaprire il Sacrarium. Dopodiché partite, tutti, nessuno escluso. Silenziosi, di notte. Cercateli. Cercate i traditori. Io partirò da solo. Ci ritroveremo alla Tetra Roccaforte, tra qualche tempo. Io partirò, da solo. Ho... delle cose da fare. Malleus... in marcia."
"Come ci ordini, Justicar." dissero all'unisono le due Furie.
"Non sono più il Justicar. Il mio ruolo è cambiato...ora sono il Cappellano."
Malphas non sapeva se sarebbe riuscito ad essere il Maestro che la Legione meritava, ma non avrebbe ceduto. Il dovere termina con la morte.
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